Asia / Pakistan: progetti umanitari e di ricostruzione

venerdì 28 agosto 2009

Asia / Pakistan: progetti umanitari e di ricostruzione


1,5 milioni di persone hanno perso le loro case a causa dei combattimenti nel Nord West Pakistan (NWFP), in particolare nella valle dello SWAT.


Islamic Relief sta implementando numerosi progetti di aiuto e ricostruzione.


Sultan Mahmood è un’operatoreumanitario di Islamic Relief in Pakistan e la scorsa settimana si è recatonella valle dello SWAT come parte del team di valutazione. In questo articolo condivide la sua esperienza ed i problemi che ha dovuto affrontare la popolazione che sta gradualmente tornando a casa.



“Dopo mesi di conflitto ci siamo finalmente potuti recare di persona nella valle dello Swat per valutare i danni ed i bisogni della popolazione che ha cominciato a tornare. Swat è un’area che conosco bene poiché la mia famiglia è originaria di quella regione. L’impressione, tornando per la prima volta da quando sono iniziati i combattimenti, è che lo Swat sia tornato indietro di 10 anni. Mingora era un’affollato centro commerciale per l’intera zona del Malakand; ora I negozi sono vuoti e i mercati deserti.


Swat è una regione molto fertile e non ci dovrebbe essere ragione perché la gente soffra per penuria di cibo. Ma ho parlato con molte persone che erano tornate alle loro case e non avevano nemmeno un minimo di cibo. Più del 90% della popolazione del basso Swat ha dovuto lasciare le sue case durante i combattimenti. Pochi hanno potuto tornare a mietere i loro raccolti, ormai persi per questa stagione. Mentre guidavamo attraverso il basso Swat, siamo passati per i frutteti grazie a cui molta gente della regione si guadagna da vivere. C’erano campi di pere e alberi di mele i cui frutti sono marciti perché i contadini non sono potuti tornare a raccoglierli.


I contadini non hanno nemmeno potuto piantare del riso per la prossima stagione, il che significa che la prossima mietitura molto probabilmente sarà ridotta. Il governo ha detto alla gente di non piantare mais, che è una delle piante tipiche di questa regione, poiché quando cresce può essere usato dai militanti per nascondersi. Questo ha influito sulle capacità della gente di auto-sostentarsi.
Sebbene la maggior parte del basso Swat sia stato dichiarato “sotto controllo”, un coprifuoco è ancora in vigore, così che tutti i negozi che non sono stati danneggiati o distrutti sono ancora chiusi, il che sta esacerbando il problema della penuria di cibo. Gli uomini che possedevano una società, un negozio, gli operai, parlano con frustrazione di non poter lavorare e guadagnarsi da vivere a causa del coprifuoco. Anche se sollevati perché tornati, si sentono come se fossero finiti in un limbo e c’é poco da fare per migliorare la loro situazione attuale.


Tutti i villaggi che abbiamo visitato portavano le ferite della guerra. Alcune case sono state distrutte in polvere mentre altre erano seriamente danneggiate. Ma l’impatto maggiore di queste violenze è stato sul sistema educativo.Nel basso Swat praticamente tutte le scuole governative sono state completamente distrutte equando il nuovo anno scolastico inizierà in Settembre, migliaia di bambini scopriranno che non hanno alcun posto dove studiare. C’è un bisogno urgente di rifugi di emergenza che possano essere usati come aule così come c’è bisogno urgente di materiali educativi.


Sulle strade abbiamo visto tante persone, a piedi o sul retro di camion, con i loro pochi possedimenti, che facevano il duro viaggio di ritorno ai loro villaggi. Sembra solo ieri che queste persone viaggiavano nella direzione opposta, non posso credereche tre mesi siano passati così velocemente. Stimiamo che circa il 50% degli abitanti che avevano lasciato il basso Swat siano ora ritornati a casa. Il resto arriverà probabilmente durante il mese sacro di Ramadan.Coloro che sono tornati nel basso Swat, sono molto preoccupati della loro situazione. Temono che il conflitto esploda nuovamente e aspettano un aiuto per ricostruire le loro vite. Spero che questo aiuto arrivi presto e che possano passare il Ramadan con un senso di speranza maggiore.

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UNA BREVE STORIA DI UMANITARISMO NEL MONDO MUSULMANO

martedì 4 agosto 2009

UNA BREVE STORIA DI UMANITARISMO NEL MONDO MUSULMANO

UNA BREVE STORIA DI UMANITARISMO NEL MONDO MUSULMANO

Redazione a cura di Mamoun Abuarqub e Isabel Phillips
Traduzione a cura di Irene D. Silvestri
Supervisione a cura di Abdullah Paolo Gonzaga

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Islamic Relief Italia - Luglio 2009

Islamic Relief da venticinque anni è dedita a combattere la povertà e ad alleviare le sofferenze delle popolazioni più disagiate del mondo.

I pricìpi moderni del salvare vite umane ed alleviare la povertà nel mondo con l’intento di sconfiggerla sono annoverati anche tra i princìpi cardine della dottrina islamica. Il Sacro Corano afferma chiaramente che salvare una vita equivale a salvare l’intera umanità (Sura 5:32).
Ispirata a tali precetti, che incoraggiano a compiere gesti di solidarietà e benevolenza e a preoccuparsi ed occuparsi del prossimo, Islamic Relief non fa che applicare, nel suo lavoro quotidiano, quei precetti islamici che hanno regolato le diverse civiltà musulmane negli ultimi 1400 anni e condivisi anche dal senso etico e civile che, si auspica, ciascun uomo dovrebbe possedere.
Il presente documento vuole illustrare in breve un esempio di spirito umanitario nel mondo musulmano e dimostrare l’importanza fondamentale che esso riveste nella religione islamica.



IL CONCETTO DI UMANITARISMO NELL’ISLAM

Prima di illustrare la storia dell’umanitarismo nel mondo musulmano, è importante definirne il concetto dal punto di vista della dottrina islamica. Si tratta di un assunto alquanto ampio e articolato, che abbraccia tanto le forme tradizionali di solidarietà e beneficienza, cui sovente è associato il moderno aiuto umanitario, quanto forme più olistiche d’interazione tra l’essere umano e gli altri esseri viventi.
La beneficienza, nella sua accezione tradizionale di trasferimento di risorse materiali dal ricco al povero, è scindibile in due categorie: volontaria e obbligatoria. La beneficienza obbligatoria è un istituto chiaramente sancito dal Sacro Corano, che si assolve mediante l’osservanza del terzo dei cinque precetti cardine dell’Islàm, il pagamento della decima, o zakah (gli altri sono: la professione di fede, o shahada, l’assolvimento delle cinque adorazioni quotidiane, o salah, il digiuno nel mese di Ramadan, o sawm, e il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita per chi ne abbia la possibilità, hajj).
La zakah, che è menzionata molte volte nel Corano, è un meccanismo attraverso il quale il musulmano dona ogni anno una parte della propria ricchezza ai poveri ed ai bisognosi. La quota è quantificata nel 2,5% del capitale accumulato, ammesso però che esso raggiunga una determinata soglia; vi è inoltre una zakah minore, che viene corrisposta in occasione della fine del digiuno durante Ramadan (zakat al fitr).
La sadaqah, invece, è una forma di beneficienza volontaria per cui il musulmano dona una qualsiasi somma, o bene, in qualunque momento, facendo proprio il valore sacro che riveste nell’Islàm lo sforzo verso l’eguaglianza sociale e il dovere di adoperarsi per una società più equa ed equilibrata nel distribuire le ricchezze.
Una forma comune di sadaqah è il waqf, un lascito spesso sotto forma di terreno o proprietà utilizzato a scopi caritatevoli o per supportare l’attività umanitaria devolvendole i proventi dell’investimento di quel bene, e che garantisce una ricompensa continua (sadaqah jairiah).
Lo spirito umanitario nell’Islàm, comunque, non si risolve nel passaggio di risorse dal ricco al povero. Il profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui) ci ha insegnato che ogni atto di generosità, o anche la preoccupazione per i nostri simili ed il loro benessere è un atto d’amore. Un hadith (tradizione profetica) tramandato da Al Bukhari e Muslim riferisce del profeta Muhammad (pbsl) che disse ai suoi compagni: “Invero le porte che accedono al paradiso sono molte: glorificare Dio, adorarlo, affermarne l’unicità e la magnificenza, accogliere il bene e il lecito ed evitare il male e l’illecito, rimuovere ogni minaccia dal nostro cammino, curare gli afflitti, guidare alla luce colui che è cieco sul cammino della propria vita, mostrare a colui che lo cerca ciò di cui ha bisogno, alleviare le sofferenze degli oppressi, sostenere il debole con la forza delle proprie braccia. Tutti queste sono forme di elemosina, e vi sono richieste come dovere”.
La concezione olistica di beneficienza, non distingue gli individui in donatori e beneficiari, deboli e forti, ricchi e poveri, bensì si attiene alla convinzione che ognuno di essi abbia l’insita facoltà di fare del bene, a prescindere dalla propria condizione materiale o sociale.



LA PRATICA UMANITARIA NEL MONDO ISLAMICO

Lungo tutta la storia del mondo islamico, molti atti di generosità nei confronti del prossimo e degli altri esseri viventi sono stati affidati all’iniziativa individuale, ed è improbabile che abbiano lasciato una testimonianza scritta o tangibile a distanza di molto tempo, se non compiuti da importanti esponenti della società. Di conseguenza, questa breve panoramica si concentrerà su forme di beneficienza più documentate e più regolarizzate, come la zakah, il waqf e la sadaqah.

La Zakah
La zakah è un istituto rivelato nel Corano e, dopo il Profeta, i suoi successori (califfi) s’incaricarono di raccoglierla. Durante i califfati succedutisi dalla morte del profeta Muhammad fino al XIII secolo, i califfi usavano il proprio potere politico per sovvenire ai bisogni del popolo durante i tempi di crisi. Per esempio, il primo califfo eletto dopo la morte di Muhammad (pbsl) dichiarò guerra a tutte le tribù che si rifiutavano di pagare la decima. Oltre agli indigenti, la zakah sosteneva i pellegrini e i viandanti; in generale, migliorava le condizioni di vita delle categorie più disagiate, e si può dire fosse un paradigma di coesione sociale, cooperazione e convivenza civile tra individui agli albori della civiltà islamica.
Secondo quanto afferma Singer (2006:315), la riscossione ufficiale e organizzata della zakah non sembra aver resistito all’espansione dello Stato islamico e l’ammontare della raccolta non era affatto consistente. Ciò non significa che la riscossione ebbe in qualche occasione fine, ma che la distribuzione era facoltà di pochi eminenti personaggi pubblici anziché dello Stato e dunque che i pagamenti non venivano regolarmente registrati (2008:64).
Preso nota di ciò, va detto anche che furono attuati numerosi tentativi di riportare in auge il sistema statale della riscossione e distribuzione della zakah. Dopo la conquista dell’Egitto, nel XII secolo, Salahuddin Ayyubi notò che i cittadini avevano iniziato a devolvere la zakah direttamente agli indigenti. Per assicurarne un’efficiente distribuzione, egli ripristinò il controllo governativo della raccolta, e sotto il suo regime la zakah fu distribuita in favore dei poveri, dei debitori e dei viandanti. Questa prassi proseguì anche dopo la morte di Salahuddin per tutto il XIV secolo, tuttavia non mancò chi sostenne che il fatto che la zakah fosse riscossa dallo Stato ne facesse una sorta di tassa pubblica (ibid:49). Non esiste praticamente alcuna documentazione storica, né alcun registro della riscossione e della distribuzione della zakah indipendenti dagli altri registri d’entrata e di spesa dell’ordinaria amministrazione statale. Ciò detto, non è possibile valutare con precisione l’impatto sulle più recenti società islamiche.


La Sadaqah
Sebbene fortemente incoraggiata dal Sacro Corano, la sadaqah non è considerata un’azione obbligatoria al pari della zakah. Pertanto, l’intento benefico insito nella sadaqah è molto più facile da individuare, ed è la prevalenza di codesta elemosina volontaria che probabilmente meglio riflette l’importanza dell’aiuto umanitario nelle società islamiche del passato.
Si usa dire (e raccomandare) che quando si dà una sadaqah con la mano destra, la sinistra non dovrebbe neppure saperlo. Ciò spiega come mai tali atti di solidarietà fossero raramente dichiarati e documentati. Tuttavia, data la loro posizione e il loro ruolo nella società, le sadaqat dei politici e degli eminenti cittadini erano regolarmente registrate, il che induce a pensare che garantire il benessere economico e sociale della loro gente fosse una priorità assoluta per i leaders islamici.
In particolare, sembra che donare la sadaqah fosse divenuto usanza comune dopo la preghiera del venerdì (Singer 2008:74). E se il venerdì era il giorno migliore per le donazioni volontarie, il mese per eccellenza era senz’altro Ramadan. I precetti islamici esortano il credente ad essere particolarmente caritatevole durante Ramadan, il mese sacro in cui il Corano fu rivelato al profeta Muhammad (pbsl).
Fra le varie festività islamiche in occasione delle quali la donazione di una sadaqah è particolarmente meritevole di ricompense ultraterrene, Ramadan e la celebrazione della fine del digiuno (‘Id al Fitr, NdT) sono forse gli appuntamenti più importanti del calendario.
I califfi che ressero l’Egitto e il Marocco, nonché l’Europa meridionale tra i secoli X e XI, avevano l’usanza di celebrare gli ‘Id allestendo generosi banchetti, al termine dei quali il cibo avanzato veniva distribuito tra i poveri. Allo stesso modo, nell’Anatolia del XIII secolo, gli indigenti, gli ammalati e gli orfani erano i benvenuti alle tavole imbandite degli Akhi, che offrivano loro, oltre al cibo, anche offerte in denaro (ibid:79).
Accanto all’incoraggiamento a donare la sadaqah, i governanti islamici devono aver speso molti sforzi nell’intento di promuovere e conseguire l’equità e la giustizia sociale, appianando le differenze troppo evidenti. E’ quanto è illustrato nel proclama dei sultani ottomani, nel quale essi s’impongono la garanzia del benessere economico dei loro sudditi e di promuovere condizioni di giustizia sociale (Singer 2008:143).
Altra evidenza di ciò, è data dalla risposta attiva dei governanti islamici alle più gravi emergenze quali la fame. Nel VII secolo, il secondo califfo ‘Umar ingiunse ai governatori delle province circostanti di far provviste di cibo ed organizzare trasporti di aiuti umanitari in risposta all’emergenza che aveva attanagliato l’Arabia (Krafess 2005:328). In un’altra occasione, durante la fame che colpì la città di Medina sotto il califfato di Abu Bakr, Uthman, il compagno del profeta (pbsl) che sarebbe in seguito divenuto il quarto califfo, ricevette un grande convoglio proveniente da Damasco, recante generi alimentari e non, in soccorso alla popolazione. I mercanti locali subito si attorniarono lanciando offerte per comprare i beni da rivendere poi alla gente, ma Uthman dichiarò che nessun mercante avrebbe mai potuto offrirgli un prezzo tanto alto quanto la ricompensa di Allah subhana ta’ala, pertanto non avrebbe accettato offerte da alcuno di loro, e si mise invece a distribuire i beni gratuitamente (Ahmad 2000:42). Ancora, durante un’emergenza simile accaduta in Egitto nell’era Mamluk, il sultano reggente si assunse la responsabilità di nutrire i poveri ed i bisognosi, e ordinò ai suoi prìncipi e governatori, nonché ai mercanti e ricchi locali di fare lo stesso (Sabra 2006:165).

Il Waqf
Di tutte le azioni caritatevoli della storia islamica presente e passata, il waqf – che è una forma di elemosina volontaria, quindi di sadaqah – è quella sulla quale esiste la più comprensiva e consistente documentazione. Benché non esplicitamente citata nel Corano, la pratica di costituire un waqf è richiamata diverse volte, nonché soggetto di un importante hadith. Il hadith narra di come un musulmano si recò dal Profeta Muhammad (pbsl) chiedendo consiglio su come utilizzare un appezzamento recentemente acquistato. Il credente non sapeva che destinazione dare al terreno, e il Profeta (pbsl) gli suggerì di immobilizzare il capitale e donarne i proventi ai bisognosi come elemosina. Aggiunse inoltre (secondo quanto riferito da Muhammad Ali) che il terreno avrebbe dovuto essere sempre utilizzato con quello scopo, e non avrebbe dovuto essere venduto da colui che l’aveva o l’avrebbe ereditato. Altre fonti riportano che Muhammad (pbsl) chiese ad ‘Umar ibn Al Khattab – che sarebbe poi divenuto il secondo califfo – di acquisire un appezzamento di terra e donarne il ricavato ai poveri (Benthall e Bellion-Jourdan 2003:32). Questa prassi si diffuse col nome di waqf e, una volta consolidato il suo status legale, nell’VIII secolo, si estese a tutto il mondo islamico (ibid:30).
I profitti generati da un waqf hanno da sempre rappresentato una fonte vitale di sostentamento, nonché l’offerta di una vasta gamma di servizi ed attività di welfare, tra cui: lo scavo di pozzi idrici e la costruzione di fontane; l’edificazione di case per coloro non in grado di sostenere il costo di una pigione, alloggi gratuiti per ospitare i viandanti; l’edificazione e la manutenzione di ponti, strade e cimiteri; l’organizzazione di funerali per i poveri; offrire assistenza sociale ai ciechi, ai disabili e ai prigionieri, il finanziamento di matrimoni per scapoli nullatenenti; la disposizione di centri di distribuzione gratuita di cibo ed acqua nonché latte per bambini e neonati; la costruzione e la manutenzione di moschee, scuole ed ospedali (Krafess 2005:338 ; Singer 2008:94 e 97).
Di tutti questi servizi, gli ospedali figuravano tra le eredità più frequenti nel primo Islàm. Mentre alcuni ospedali e centri d’assistenza medica nascevano grazie al finanziamento di privati, fu grazie alla pratica del waqf che il mondo arabo ed islamico si affermò nei secoli quale pioniere indiscusso della medicina. Il primo ospedale islamico fu fondato a Damasco nell’anno 86 dell’Egira (Hijra, l’emigrazione del profeta Muhammad (pbsl) da Mecca a Medina, nel 622 d.C. da cui si fa iniziare il calendario islamico NdR) con lo scopo di curare gli ammalati di malattie croniche come la lebbra, oppure gli affetti da cecità o in generale i poveri che non potevano permettersi un’assistenza medica. A differenza della maggior parte dei sistemi sanitari vigenti all’epoca nel mondo, quello islamico era universale, aperto a tutti e del tutto gratuito (Sayali 2006:3).
Molti altri ospedali vennero costruiti grazie ai proventi del waqf negli anni e nei secoli immediatamente seguenti, dall’Asia Minore al Maghreb, e retti da califfi, governatori, filantropi e fondazioni religiose (Turner 1997:133). Nel X secolo l’ospedale di Baghdad, voluto dalla madre del califfo, fu aperto per accogliere i prigionieri e gli abitanti di remote aree rurali, nonché della periferia della città (Hamameh e Anees 1984:51). Nel XIII secolo, un ospedale islamico del Marocco, edificato grazie alle donazioni waqf, assurse agli onori delle cronache per essere riconosciuto senz’eguali nel mondo intero. Ogni paziente ivi ricoverato era solito ricevere, dopo la preghiera del venerdì, la visita del Principe del Marocco, e ai più bisognosi tra di essi veniva donata una somma di denaro che permettesse loro di vivere finché non si fossero rimessi e avessero trovato un impiego (Zaimeche 2004:16).
Al pari degli ospedali, anche le moschee, luogo storico per eccellenza ove chiedere ed ottenere assistenza sociale e finanziaria, sono sorte a profusione grazie all’impiego dei proventi del waqf, che rendeva possibile tanto la loro edificazione quanto la loro manutenzione. In molte città, le moschee erano il luogo di prelazione per gli studenti, che ivi trovavano alloggio e ospitalità, anche per limitati periodi temporali. Specialmente quelle che ospitavano un gran numero di persone, erano dotate di cucine attigue per sfamare centinaia di fedeli ogni giorno (Stillman 2006:217). Una tra le più conosciute è senz’altro la Moschea di Abramo in Palestina, che nel corso del X secolo costituì per i pellegrini un punto di riferimento per il sostentamento quotidiano e lo studio (ibid:217). Non era raro che le moschee ospitassero anche rifugiati, alcuni mandati direttamente dal Profeta Muhammad (pbsl), che sperimentò personalmente la condizione di rifugiato allorché subì persecuzioni a Mecca.
Nell’Islàm, la cura degli orfani riveste un’importanza fondamentale, oltre che un preciso dovere religioso (Corano, Sura 2:83), caldamente incoraggiato anche dal Profeta Muhammad (pbsl), che fu egli stesso orfano. Sebbene non vi siano prove documentate della costruzione di orfanotrofi agli albori dell’era islamica, numerosi waqf furono destinati alla costruzione di scuole che fornissero ai bambini orfani un’adeguata istruzione, oltre a cibo, vestiario e un luogo sicuro in cui abitare (ibid:218). Considerando il precetto islamico sulla cura degli orfani, è probabile che i bambini fossero presi in cura ed accuditi dalle loro famiglie allargate e che, provvedendo i parenti più o meno vicini alle loro necessità, non vi fosse di fatto esigenza di istituti adibiti alla loro accoglienza.
Non va poi dimenticato che le donazioni del waqf venivano destinate anche alla costruzione di scuole ordinarie, dal momento che l’istruzione riveste un’importanza di prim’ordine nella dottrina e nella pratica islamica. Il Sacro Corano esorta ripetutamente ad accrescere ed ampliare la propria conoscenza, per accrescere al contempo la propria fede. Le prime scuole edificate grazie al waqf sorsero in Iran, Iraq, Siria ed Egitto tra i secoli XI e XII. Sovente legate alle locali moschee, esse disponevano di spazi adibiti allo studio e alla lettura, luoghi consacrati alla preghiera ed alla meditazione ed altri spazi comuni in cui si svolgevano le principali attività della giornata. Le donazioni waqf coprivano anche il salario degli insegnanti, le spese di vitto e alloggio, istruzione e abbigliamento dei ragazzi (Singer 2008:84).
Nell’Egitto dell’era Mamluk (tra il 1250 e il 1517 d.C.), il waqf costituiva fonte preminente per l’erogazione di servizi di welfare quali l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il rifornimento di cibo ed acqua e la sepoltura dei defunti (Benthall e Bellion-Jourdan 2003:34). Anche nell’Impero Ottomano la pratica del waqf venne ampliamente applicata, e in seguito alla caduta dei vari imperi musulmani e con l’avvicendarsi dei vari dominii, essa rimase largamente diffusa. Ad esempio, antropologi in visita in Marocco subito dopo la fine dell’occupazione francese, riferirono di città i cui negozi, laboratori, forni, granai, bagni pubblici, ostelli e caravanserragli erano stati costruiti grazie alle donazioni waqf.

LO SPIRITO UMANITARIO NELL’ERA CONTEMPORANEA

Oggigiorno, i musulmani di tutto il mondo continuano a tener fede ai princìpi di umanitarismo prescritti dall’Islàm. Il waqf rimane una delle fonti più consistenti e delle modalità più applicate per elargire una carità volontaria, tanto che gran parte degli Stati islamici annoverano tra i ministeri uno dedicato al waqf, che ne regolamenti la prassi, gestisca e registri il flusso dei pagamenti e ne sorvegli la trasparenza. Ad esempio, il Sultanato dell’Oman amministra centinaia di waqf, i cui profitti vengono destinati non solo alla edificazione di edifici tradizionali – come abbiamo visto - quali scuole, moschee ed ospedali, ma anche alla costruzione di fattorie ed abitazioni civili (Benthall e Bellion-Jourdan 2003: 29-35).
In maniera simile, sull’onda di un rinnovato interesse e di una maggior considerazione nei confronti della zakah, evolutisi nel corso del XX secolo, molte amministrazioni di Paesi islamici quali Giordania, Libia, Malaysia, Pakistan, Arabia Saudita, Sudan e Yemen, hanno reclamato la facoltà di raccogliere l’imposta coranica. Grazie a ciò, si è provveduto regolamentare, rendendolo più trasparente, il sistema preposto al trasferimento di risorse dai ricchi ai poveri. Va comunque specificato che al giorno d’oggi la zakah rimane un obbligo prettamente religioso, pertanto nessuno Stato è autorizzato a riscuoterla come tassa pubblica. Le pubbliche amministrazioni si adoperano piuttosto affinché il meccanismo di riscossione sia il più fluido possibile, a beneficio dei cittadini intenzionati a pagare l’imposta coranica.
L’attività e l’attivismo umanitari tra i musulmani sono stati ulteriormente facilitati dalla nascita di numerose Organizzazioni non Governative che si sono proposte quale tramite per veicolare le donazioni relative alla zakah e in generale le offerte legate ad atti di beneficienza. Tra le attività delle ONG ispirate ai princìpi islamici (e in generale religiosi, etici e umanitari) della giustizia e dell’equità sociale, della cura e dell’assistenza al povero ed al bisognoso, le principali sono l’offerta di soccorso e assistenza umanitaria in situazioni d’emergenza, quali disastri naturali (terremoti, inondazioni, ecc…) o causati dall’uomo (guerre); progetti a lungo termine di sviluppo sostenibile, quali l’assicurazione di servizi sanitari, d’istruzione o la cura degli orfani attraverso i programmi di adozione individuale a distanza; l’organizzazione di grandi campagne contro la fame e la povertà, ad esempio quella che si svolge annualmente nel mese di Ramadan, volta a sfamare le famiglie più povere almeno durante questo mese sacro, assicurando almeno un pasto quotidiano e consentendo loro di festeggiare serenamente la festa della rottura del digiuno (‘Id al Fitr).
E’ anche grazie alle ONG islamiche, se le pratiche religiose del waqf e della zakah sono tornate in auge, specialmente tra i musulmani che vivono in Paesi non islamici o nei Paesi occidentali più laicizzati. Dal 1990 ad oggi, ONG quali Islamic Relief sono riuscite a reintrodurre la pratica del waqf e della zakah nel meccanismo di raccolta di aiuti umanitari occidentale. I donatori che lo desiderassero, possono ora acquistare azioni waqf nei Paesi in cui vivono attualmente; esse vengono investite in beni immobili o monetari utilizzati a fini caritatevoli, e i cui profitti sono devoluti al finanziamento di progetti di sviluppo nei paesi più poveri. Allo stesso modo, le ONG costituiscono un importante punto di riferimento per raccogliere la zakah e destinarla quindi al sostentamento dei musulmani bisognosi in tutto il mondo (Benthall 2003:36).

In questa panoramica si è voluto brevemente ma efficacemente illustrare l’importanza del senso umanitario nella religione islamica, e come le pratiche religiose volte al sostentamento dei poveri abbiano resistito nel tempo e nella storia, e siano tutt’oggi applicabili alla società civile moderna. Si è dunque tenuto a sottolineare la modernità, l’attualità e l’importanza dello spirito umanitario nella società islamica partendo dalle sue origini, fino a dimostrare che i princìpi islamici di giustizia ed equità posso ancora arricchire lo spirito umanitario contemporaneo, musulmano e non.

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VIDEO: 25 anniversario

venerdì 17 luglio 2009



Un breve spot celebrativo del 25 anniversario delle attività umanitarie di Islamic Relief

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